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vedere oltre…

Matt Stuart, scrigno di memorie immortalate, cammina sul selciato delle metropoli con l’anima in allerta e una Leica in mano. Cattura gli attimi con la sua macchina fotografica, così come un pescatore tira su con la sua rete i frutti di un mare sconfinato e misterioso.

Il suo palcoscenico sono le vie brulicanti di gente, i volti, le espressioni, le storie non raccontate. Ogni istante è un’opportunità, ogni persona un enigma da svelare. Con il suo obiettivo, penetra la cortina di quotidianità, per rivolare l’insolito nell’ordinario.

La sua tecnica si basa su un equilibrio di disciplina e istinto, una danza delicata tra pazienza e prontezza. Si nutre di momenti fugaci, di un bimbo che corre, di un vecchio che sorride, di un cane che abbaiando rompe il silenzio. Le città sono il suo teatro, gli abitanti le sue muse inconsapevoli.

I colori brillano nelle sue opere, rischiarando i volti, riempiendo gli angoli di vita, dando voce alle ombre. Come un pittore che sceglie accuratamente le sue tonalità, Stuart impregna ogni scatto di una tavolozza di emozioni.

Le sue fotografie sono un innamoramento dell’umano, un’ode alla sua forza e alla sua fragilità. Ogni immagine è un ritratto di vita, un frammento di tempo sospeso, un canto silenzioso alla bellezza che risiede nell’effimero.

Stuart non è solo un fotografo, è un narratore. Racconta storie senza parole, dipinge quadri con la luce, compone melodie con le immagini. Eppure, non sono solo immagini: sono l’eco di un riso, il rumore di passi che si allontanano, il fruscio di un abito al vento.

La sua arte è un invito, un richiamo. Ci chiede di fermarci, di guardare, di vedere oltre. Di riconoscere la bellezza nell’ordinario, la poesia nel quotidiano, l’amore nella solitudine. Di comprendere che ogni attimo è unico, irripetibile e meritevole di essere ricordato. E in quel ricordo, troveremo l’eco delle nostre storie, il riflesso dei nostri volti, l’ombra delle nostre emozioni.

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…un timido osservatore

Friedrich Seidenstücker, esploratore d’ombra e luce, ha ballato sulla pellicola del quotidiano, illuminando la scena con la lente della sua macchina fotografica. Il suo palcoscenico era il mondo, un teatro aperto dove la vita comune recitava la sua ordinaria bellezza.

La sua tecnica, un abito di penitenza che si porta per amore, era austera, disciplinata. Il suo strumento, la macchina fotografica, un messaggero che restituiva alla luce il racconto nascosto in ogni frammento di realtà.

Seidenstücker si ritirava a un passo di distanza, un timido osservatore che lasciava che la vita svolgesse la sua danza. E in quel vortice ordinato, trovava momenti di pura umanità, attimi di tenerezza, sprazzi di sorpresa.

Le sue fotografie non erano adornate da artifici o elaborate composizioni, ma erano l’autentico specchio della vita quotidiana. Scatti vivi, profondi, impregnati di quella risonanza segreta che solo un osservatore vero può cogliere.

Nella sua opera, la quotidianità svelava la sua dignità nascosta, il quotidiano si trasformava in poesia. Seidenstücker ci parlava di una bellezza universale, presente in ogni angolo di strada, in ogni volto, in ogni gesto.

Le sue immagini erano un canto all’invisibile, una voce per l’inaudito. In ogni fotografia, l’ordinario si vestiva d’eccezionale, il banale diventava sublime. La vita comune, sotto il suo obiettivo, diventava una sinfonia di significati, un coro di emozioni.

Era l’arte di rendere visibile l’invisibile, di dare voce al silenzio. Seidenstücker, col suo occhio sensibile e l’anima in ascolto, ci ha lasciato un patrimonio di momenti sospesi, di attimi immortali, di frammenti di umanità catturati per sempre nel mosaico di una pellicola.

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La bellezza nascosta della Spirale di Ulam…

Uno dei modi più affascinanti di esplorare la bellezza intrinseca dei numeri primi è attraverso la Spirale di Ulam. Questa particolare disposizione dei numeri rivela una struttura nascosta tra i numeri primi che altrimenti potrebbe passare inosservata.

La Spirale di Ulam è una matrice quadrata che inizia con il numero 1 al centro e procede verso l’esterno in senso orario, numerando sequenzialmente ogni cella lungo la spirale. Quando si evidenziano i numeri primi all’interno di questa spirale, emergono sorprendenti modelli a forma di diagonale. Questo fenomeno, scoperto dall’inventore e matematico Stanislaw Ulam nel 1963, è ancora oggetto di studio e di dibattito tra i matematici.

La generazione di una Spirale di Ulam può essere un ottimo esercizio per imparare a manipolare gli array in Python e per visualizzare dati con Matplotlib. Ecco un esempio di come farlo:

import numpy as np  # Importa la libreria numpy per la manipolazione di array
import matplotlib.pyplot as plt  # Importa la libreria matplotlib per la creazione di grafici
import matplotlib.cm as cm  # Importa il modulo cm da matplotlib per la gestione dei colori

def make_spiral(arr):
    nrows, ncols= arr.shape  # Ottiene il numero di righe e colonne dell'array
    idx = np.arange(nrows*ncols).reshape(nrows,ncols)[::-1]  # Crea un array di indici e lo inverte
    spiral_idx = []  # Inizializza una lista vuota per gli indici della spirale
    while idx.size:  # Mentre ci sono ancora elementi in idx
        spiral_idx.append(idx[0])  # Aggiunge la prima riga di idx a spiral_idx
        # Rimuove la prima riga (quella che abbiamo appena aggiunto a spiral).
        idx = idx[1:]
        # Ruota il resto dell'array in senso antiorario
        idx = idx.T[::-1]
    # Crea un array piatto di indici che formano una spirale nell'array.
    spiral_idx = np.hstack(spiral_idx)
    # Index into a flattened version of our target array with spiral indices.
    spiral = np.empty_like(arr)  # Crea un nuovo array vuoto con la stessa forma di arr
    spiral.flat[spiral_idx] = arr.flat[::-1]  # Assegna i valori di arr a spiral secondo l'ordine degli indici nella spirale
    return spiral

# Dimensione del lato dell'array quadrato.
w = 251
# Numeri primi fino a e compreso w**2.
primes = np.array([n for n in range(2,w**2+1) if all(
                        (n % m) != 0 for m in range(2,int(np.sqrt(n))+1))])
# Crea un array di valori booleani: 1 per i numeri primi, 0 per i numeri composti
arr = np.zeros(w**2, dtype='u1')
arr[primes-1] = 1
# Spiraleggia i valori in senso orario partendo dal centro
arr = make_spiral(arr.reshape((w,w)))

plt.matshow(arr, cmap=cm.binary)  # Crea una visualizzazione della matrice usando una colormap binaria
plt.axis('off')  # Nasconde gli assi
plt.show()  # Mostra il grafico

In questo script Python, iniziamo importando le librerie necessarie: numpy per la manipolazione degli array, matplotlib.pyplot per la creazione dei grafici e matplotlib.cm per la gestione dei colori.

La funzione make_spiral prende un array e lo trasforma in un array a spirale. Per fare questo, genera prima un array di indici idx e poi crea una lista spiral_idx per contenere gli indici nell’ordine in cui dovrebbero apparire nella spirale. Questa lista viene poi utilizzata per riordinare l’array originale in un ordine a spirale.

Successivamente, definiamo la dimensione w del lato della nostra matrice quadrata e generiamo un array di numeri primi fino a w**2. Questo array di numeri primi viene utilizzato per creare un array di zeri e uni, dove gli uni rappresentano i numeri primi.

Infine, trasformiamo il nostro array in una spirale con la funzione make_spiral e visualizziamo il risultato con plt.matshow, utilizzando una colormap binaria per distinguere i numeri primi (rappresentati in bianco) dai numeri non primi (rappresentati in nero). Il risultato è una bella rappresentazione della Spirale di Ulam, che evidenzia la misteriosa struttura dei numeri primi.

Nella figura, i numeri primi sembrano concentrarsi lungo certe linee diagonali. Nella spirale di Ulam di dimensione 250×250 mostrata sopra, le linee diagonali sono chiaramente visibili, confermando che il modello continua. Sono evidenti anche linee orizzontali e verticali con un’alta densità di numeri primi, sebbene meno evidenti.

# Creiamo una nuova colormap personalizzata.
# I colori sono specificati in formato RGBA; (0, 0, 0, 1) è nero e (0, 1, 0, 1) è verde.
cmap = ListedColormap([(0, 0, 0, 1), (0, 1, 0, 1)])

plt.matshow(arr, cmap=cmap)  # Usiamo la nostra nuova colormap
plt.axis('off')
plt.show()

Qui, di seguito, con la piccola modifica allo script sopra indicata, si ottiene una visualizzazione più contrastata della spirale di Ulam

La Spirale di Ulam è un perfetto esempio di come la matematica possa rivelare pattern nascosti nel caos apparente. Con poche linee di codice Python, possiamo esplorare queste meravigliose strutture e forse avvicinarci un po’ di più alla comprensione del mistero dei numeri primi.

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una sinfonia visiva di vita quotidiana…

Fred Herzog, incisore del quotidiano con l’occhio della macchina fotografica, ha navigato il vasto oceano della vita urbana, gettando l’ancora nelle strade di Vancouver. Da lì, raccolse la sua opera, una sinfonia visiva di vita quotidiana, con le sue mille storie nascoste dietro l’apparente banalità.

Il colore, lui lo prende e lo fa suo, una pennellata di audacia in un’epoca che vedeva solo in bianco e nero. Non per lui le ombre e le luci contrastanti, ma la tavolozza della realtà, viva e vibrante come la vita stessa. Immortalava il quotidiano con la stessa passione di un pittore che affronta una tela bianca, trasformando l’ordinario in straordinario attraverso l’obiettivo della sua macchina.

La sua Vancouver è un teatro di vita, popolato da attori inconsapevoli. Ogni scatto, un atto in sé, racconta una storia di umanità: bambini giocano in strada, insegne luminose accendono la notte, un barbiere guarda fuori dalla finestra. E così, con la precisione di un orologiaio, Herzog cattura il tempo, lo congela e lo consegna all’eternità.

Uno dei suoi ritratti più emblematici è ‘Man with Bandage’, 1968. È un’immagine che parla non solo di un uomo, ma dell’intera umanità, nella sua vulnerabilità e resilienza. Un uomo con un cerotto, un eroe del quotidiano che porta i segni delle sue battaglie, un viandante solitario nel paesaggio urbano.

In tutto questo, c’è la poesia di Herzog, una poesia visiva che parla attraverso il silenzio delle immagini, che racconta le storie non scritte dietro i volti e i luoghi. C’è la musica del quotidiano, un canto di colori e luci, un’armonia ritratta in ogni scatto. Ed è così che Herzog ci consegna un ritratto di noi stessi, un ritratto della vita, vibrante e colorata, in tutta la sua amara dolcezza.

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L’ossessione di Marc Riboud…

Marc Riboud. Un nome che risuona come una melodia, un canto di luci e ombre immortalate sul nastro della pellicola. Riboud è una creatura di sensibilità e silenzio, di viaggi che portano oltre i confini del visibile. Riconosciuto universalmente per la sua maestria nell’arte della fotografia, Riboud nasce in Francia nel 1923. Come un albero affonda le radici nella terra natia, così Riboud pianta i semi della sua arte nelle viscere di una nazione lacerata dalla guerra.

La sua macchina fotografica diventa l’occhio attraverso il quale il mondo può vedere se stesso, e il suo lavoro, una danza di luci, ombre, e dettagli nascosti. Riboud usa la sua Leica come un pittore usa il pennello, delineando con precisione i contorni del mondo in bianco e nero. I suoi scatti sono come poesie visive, liriche che raccontano storie di guerra, di pace, di vita quotidiana.

Riboud non segue le regole del gioco. Non si accontenta di catturare l’immagine; vuole anche catturare l’essenza di quel momento, la vibrazione silenziosa dell’attimo che passa. La sua tecnica è una combinazione di attesa paziente e decisione rapida: osserva il mondo con occhi affamati di bellezza, e quando il momento arriva, non esita a premere il pulsante dello scatto.

La sua arte è un viaggio. Non solo nel senso fisico, ma anche spiritivo. Non si limita a documentare, va oltre, esplora l’umanità in tutte le sue forme, i suoi contrasti, le sue contraddizioni. Riesce a catturare l’effimero, il sublime, l’ordinario e l’eccezionale, tutte le sfumature dell’esperienza umana. Le sue fotografie diventano finestre sul mondo, specchi dell’anima che riflettono la realtà in tutte le sue complessità.

E poi c’è quella foto, “La ragazza con la fioritura”, che divenne l’icona della resistenza alla guerra del Vietnam. In essa, Riboud condensa tutta la sua filosofia artistica: la semplicità del gesto, la forza del messaggio, la bellezza della giovane donna che sfida l’aggressività del mondo con un fiore in mano.

Sul finire della sua vita, Riboud rifletteva sul suo viaggio, un percorso ricco e fecondo, disseminato di immagini che rimarranno impresse nella memoria collettiva. Riboud non era solo un fotografo; era un testimone del tempo, un narratore visuale che, con la sua macchina fotografica, ha saputo raccontare la storia del ventesimo secolo.

E così, la macchina fotografica si spegne, ma l’immagine rimane, nitida come la prima volta, testimone di un’epoca, di un artista, di un uomo che ha saputo vedere oltre. Marc Riboud, un occhio attento e sensibile, un cuore pulsante di umanità, un artista che ha dipinto il mondo in bianco e nero.

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in un mondo di bellezza e poesia…

La produzione artistica di Fan Ho è un’incantevole sinfonia visiva, in cui luce, prospettiva e momenti fugaci si fondono armoniosamente, trasportando lo spettatore in un mondo di bellezza e poesia…

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Una lavagna al giorno (4)

Gell-Mann (1929 – 2019), uno dei padri fondatori della fisica delle particelle elementari, ha vinto il Premio Nobel per la Fisica nel 1969 per i suoi contributi allo sviluppo della teoria dei quark.

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Mary Ellen Mark, nata a Philadelphia nel 1940, ha avviato la sua carriera fotografica dopo essersi laureata in pittura e storia dell’arte, ed aver proseguito gli studi in fotogiornalismo. Il suo percorso si è contraddistinto da subito per una forte inclinazione verso i temi sociali e una particolare attenzione per i soggetti marginali della società.

Il suo talento le ha permesso, nel 1977, di diventare la prima donna ad entrare nella prestigiosa agenzia Magnum, rinomata per il suo impegno nel fotogiornalismo e documentarismo. Nonostante l’onore di tale riconoscimento, Mary Ellen ha deciso di lasciare l’agenzia solo quattro anni dopo, nel 1981, in cerca di una maggiore libertà creativa.

L’indipendenza artistica ha segnato il culmine della sua carriera, liberandola da vincoli e permettendole di esplorare le tematiche più a cuore. Il suo reportage più noto, “Streetwise”, pubblicato su Life nel 1983, è un commovente racconto dei minori fuggiti di casa che vivevano per le strade di Seattle. Nelle sue immagini, i bambini erano rappresentati non come vittime o innocenti, ma come individui maturi, forti e complessi. Mary Ellen Mark rifiutava ogni forma di sensazionalismo, cercando invece di rivelare le sfaccettature autentiche della loro esistenza.

Ha dedicato il suo tempo a progetti di lungo termine, come “Ward 81” del 1979, attraverso il quale ha esplorato la sezione femminile di un manicomio criminale in Oregon. Le sue immagini penetravano nelle mura dell’istituzione, rivelando le crude realtà di vita che si celavano all’interno.

Uno dei suoi ultimi lavori, “Proms”, è una serie di ritratti di liceali al ballo di fine anno, realizzati con la Polaroid 20×24. Le sue fotografie immortalavano i volti sorridenti e le pose impacciate, catturando l’euforia e l’incertezza della giovinezza in transizione.

Oltre al suo lavoro nel fotogiornalismo, Mary Ellen Mark è stata una fotografa di scena di grande successo, portando la sua sensibilità documentaristica sui set di numerosi film, tra cui “Apocalypse now”, “Satyricon”, “Conoscenza carnale”, e “Big fish”.

Mary Ellen Mark è scomparsa il 25 maggio 2015, lasciando un’eredità indimenticabile nel campo della fotografia. La sua vita e il suo lavoro continuano a ispirare, fungendo da promemoria del potere della fotografia nel rivelare le verità nascoste e nel dare voce a coloro che spesso non vengono ascoltati.

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Una lavagna al giorno (3)

Considerato uno dei più grandi divulgatori di tutti i tempi, Feynman ha condiviso il Premio Nobel per la fisica nel 1965 insieme a Sin-Itiro Tomonaga e Julian Schwinger per i loro lavori sull’elettrodinamica quantistica.

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