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C’è un odore di carta vecchia…

C’è un odore di carta vecchia, di parole consumate dal tempo, un silenzio che si insinua nelle pieghe della memoria. Tutto scivola, ogni cosa si sfalda, e resta solo un’ombra, un’eco, un nome. Il mondo intero si disfa come un antico manoscritto, le lettere sbiadiscono, il senso si sgretola. La rosa che un tempo era fresca, viva, odorosa di rugiada mattutina, ora è soltanto un’idea, un ricordo appeso nel vuoto, un nome nudo che non racconta più nulla.
Viviamo circondati da rovine, da segni, da tracce di qualcosa che fu. Ci attacchiamo ai nomi come se potessero sostituire le cose, ma le cose sfuggono, svaniscono nel vento. Ci restano le parole, gusci vuoti, forme senza più sostanza. Eppure, cerchiamo di aggrapparci a queste ombre di significato, di darle peso, di convincerci che esse bastino a colmare il vuoto. Ma il tempo non si arresta, il tempo tutto consuma, e ci lascia con un pugno di suoni, con una sequenza di lettere su pergamene ingiallite.
Forse il nostro errore è credere che ciò che nominiamo sopravviva. Che basti dire “rosa” per trattenere la sua essenza, che basti ricordare un volto per riportarlo in vita, che basti un nome a evocare la carne, il sangue, il calore. Ma i nomi sono ingannevoli, ci illudono con la promessa della permanenza, mentre tutto ci sfugge tra le dita. Ogni tentativo di fermare il tempo è destinato a fallire, ogni parola detta è già dissolta nell’aria prima ancora di essere compresa.
E allora, che resta? Un’illusione di continuità, forse. Una nostalgia che ci morde l’anima, la consapevolezza dolceamara che ogni cosa, persino noi stessi, esisteremo soltanto nei nomi che lasceremo dietro di noi. E quei nomi, un giorno, saranno soltanto suoni privi di senso, foglie secche trasportate dal vento. La rosa pristina non esiste più, e noi siamo solo il riflesso di un passato che svanisce. Ma forse è proprio in questo svanire che risiede la vera bellezza della vita: nell’attimo che brucia, nella parola che si perde, nel nome che non può trattenere ciò che fu, ma che ancora, per un istante, prova a ricordarlo.

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