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La doppia ingiustizia: quando la sicurezza diventa pretesto per colpire i più deboli

Tra le pieghe oscure del più recente disegno di legge sulla sicurezza — ormai una saga infinita di decreti, pacchetti e misure che sembrano più alimentare l’insicurezza che combatterla — emerge una norma che lascia increduli. Si vuole eliminare l’obbligo di rinvio della pena per donne incinte o con figli di meno di un anno. Una volta approvata, anche queste madri finiranno dietro le sbarre, salvo che un giudice non decida diversamente, e per farlo dovrà presentare motivazioni più che solide.
Il paradosso è servito. La norma viene spacciata senza veli come un’arma contro i rom, accusati di sfruttare donne gravide o con neonati per borseggiare nei trasporti pubblici e per strada. Il ragionamento è semplice: si ritiene che queste donne, una volta scoperte, non finiscano mai in carcere grazie alla protezione offerta dalla legge. Il risultato? Una gravidanza dopo l’altra, una sorta di impunità perpetua per continuare a delinquere. La soluzione del legislatore? Mandare tutte in prigione, pancione o bebè al seguito, così da spezzare questo presunto circolo vizioso.
Dietro questa trovata, che alcuni potrebbero definire geniale con una buona dose di sarcasmo, si nasconde un problema più grave: anziché intervenire per proteggere queste donne dallo sfruttamento e offrire una via d’uscita, si preferisce cancellare una norma di civiltà. Così facendo, si chiudono in cella madri e figli, ignorando alternative come le case famiglia, che potrebbero accogliere entrambi e sottrarli al controllo di padri o mariti aguzzini. Ma si sa, i fondi per queste soluzioni sono inesistenti o destinati altrove.
Ecco il quadro desolante: prima lo sfruttamento nelle comunità e poi il pugno duro dello Stato. Essere una donna o un bambino rom, oggi in Italia, significa trovarsi schiacciati tra due ingiustizie: la crudeltà di chi ti usa come strumento e la cecità di chi dovrebbe proteggerti. Una doppia condanna che non lascia spazio alla dignità e, men che meno, alla speranza.

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