Settembre è un mese di contraddizioni. Le foglie iniziano a cambiare colore, suggerendo la fine di un ciclo, mentre gli zaini pesanti sulle spalle degli studenti annunciano un nuovo inizio. Esiste una dissonanza in questo mese, una sorta di ambiguità. È come se il mondo fosse in bilico, in attesa di decidere se cambiare davvero o rimanere fedele alla sua indole statica.
Settembre è una pausa, un respiro profondo prima di un tuffo. Si sente la quiete, quella pausa nell’aria come la battuta d’arresto prima di una sinfonia. Un silenzio che cattura l’essenza dell’incertezza, della speranza, del possibile. Tuttavia, non è solo il mondo esterno che sembra sospendere il respiro; siamo anche noi, gli attori in questo palcoscenico chiamato vita, a fare una pausa, a riflettere. Il ritorno alla routine, quella monotonia confortante e limitante, è reso tollerabile solo dalla speranza di qualcosa di diverso, di nuovo. Settembre ci dà il permesso di sognare, ma al tempo stesso ci incatena alle nostre responsabilità. È come se fossimo costretti a ballare su una fune sospesa tra il passato e il futuro, mai completamente liberi di abbracciare l’uno o l’altro. Si potrebbe dire che Settembre è un mese che ci costringe a confrontarci con le nostre dualità: l’aspirazione e la realtà, l’immobilità e il movimento, la fine e l’inizio. È un mese che evoca la speranza, ma è una speranza prudente, temperata dall’esperienza e dalla saggezza di chi ha già visto troppi settembri passare senza grandi cambiamenti.
Tocca accogliere Settembre con le sue promesse eteree, ma occorre farlo con una cautela misurata, consapevoli che le speranze possono rimanere solo foglie al vento, destinate a cadere, ma anche capaci di nutrire il terreno per un futuro ancora non scritto.
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