Il film “Non così vicino” è come una melodia soffusa, un dipinto fatto con pennellate di routine quotidiana e sfumature di umanità, che scorre davanti agli occhi con la lentezza d’un fiume pigro, ma profondo.
Otto Anderson, impersonato con la solita maestria da Tom Hanks, è un uomo dal cuore di pietra e dagli occhi che portano il peso dell’assenza. Egli si muove tra le vie della sua vita come un orologiaio tra gli ingranaggi, mettendo ordine e scandendo il tempo con una precisione maniacale, finché non viene sconvolto dall’irruzione del nuovo, rappresentato dalla famiglia vivace e caotica della vicina Marisol. Si potrebbe parlare di cliché, di una trama prevedibile che non osa discostarsi dai sentieri già battuti, ma la regia di Marc Forster affronta il tema con una sensibilità rara, tracciando il cammino di Otto come un viaggio attraverso se stesso, in una costante ricerca di ciò che è perduto. La presenza di Truman Hanks, nel ruolo del giovane Otto, ci regala uno spaccato intimo di una storia d’amore che s’è arenata nelle sabbie del tempo, con una delicatezza che risuona in ogni scena. Le sequenze flashback sono come frammenti di un mosaico che si compone pian piano, guidato dalla mano sapiente del regista.
Non mancano momenti di leggerezza, come gli scontri verbali tra Otto e la sua vicina, o le peripezie grottesche dei suoi tentativi di suicidio, che stemperano la tensione e aggiungono un pizzico di umorismo al racconto. La scelta di Mariana Treviño nel ruolo di Marisol è ispirata e la sua alchimia con Hanks è genuina e toccante.
“Non così vicino” è un film che, pur nella sua apparente semplicità, sa raggiungere il cuore dello spettatore, parlando un linguaggio universale fatto di emozioni e sentimenti veri. È una pellicola che non strilla, ma sussurra, che non colpisce, ma accarezza, offrendo una riflessione profonda sull’essere umano e sulla sua costante lotta tra ordine e caos, tra passato e presente, tra solitudine e amore.
Sebbene si possa criticare una certa prolissità nel suo epilogo, questo non scalfisce la potenza emotiva dell’opera, che si chiude con un finale commovente e indubbiamente umano. In “Non così vicino” c’è il mondo, c’è la vita, e ci sono le piccole grandi cose che la rendono degna di essere vissuta. Una storia ordinaria, raccontata con un’arte straordinaria.