La morte di Ivan Il’ič è un respiro, uno scivolare leggero tra le pieghe dell’esistenza. Tolstoj ci svela una vita, quella di Ivan, trascorsa nell’ombra, imprigionata in un ruolo, un uniforme. Ivan muore, ma lo fa in vita, giorno dopo giorno, perdendo se stesso in un conformismo vuoto. La malattia è il suo risveglio, la nudità dell’anima di fronte allo specchio.
Gerasim è l’antitesi, la semplicità che non indossa maschere. Lui è la terra, il seme, la crescita senza fronzoli. Lui è l’essere, l’autenticità.
Il testo di Tolstoj è una pagina, un soffio di vento, un gesto umile che racchiude una verità immensa. La vita e la morte, l’autenticità e la falsità, tutto condensato in un racconto che scorre asciutto come un torrente in montagna, profondo come le radici degli alberi.
La leggerezza di Tolstoj è un invito a spogliarci del superfluo, a riscoprire l’essenza, a morire da vivi per rinascere veri. Un racconto breve, ma una lezione senza tempo.
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