Era un uomo dalle mille anime, Alan Turing. Matematico, logico, crittografo, antesignano dell’informatica moderna. Uno spirito libero dall’intelligenza fuori dal comune. Peccato però che vivesse nell’Inghilterra perbenista degli anni ’50, troppo bigotta per comprendere la sua geniale complessità.
Di giorno lavorava come scienziato per conto dei servizi segreti britannici, contribuendo in modo decisivo a sconfiggere i nazisti grazie alla decrittazione del famigerato codice Enigma. La notte inseguiva i suoi istinti, a caccia di fugaci avventure omosessuali tra locali malfamati e parchi cittadini. Una pericolosa doppiezza, che alla fine gli costò la carriera e la vita.
Le sue due anime coesistevano faticosamente: razionalità e trasgressione, logica e istinto. Di giorno Turing era celebrato come eroe della patria, la mente matematica che aveva cambiato le sorti della guerra. Di notte braccato come deviante, reietto da nascondere nell’ombra. Un paradosso insostenibile, che lo logorò fino alla disperazione.
La fama del genio e l’emarginazione del diverso: due facce della stessa medaglia d’oro che gli avevano appuntato sul petto. Onorificenza amara, che non gli risparmiò l’onta del processo né l’obbligo dell’orribile “cura” a base di estrogeni. Un martirio davvero poco logico, per uno come lui.
Povero Turing, talmente avanti da non capire la meschinità del suo tempo. Vedeva solo bellezza nella matematica e nei corpi maschili, senza curarsi di pregiudizi e perbenismi. Avrebbe meritato di vivere nel futuro che aveva intuito, quello dei computer e delle menti aperte. Invece si ritrovò schiacciato dall’ottusità passatista, lui che guardava lontano.
Alla fine la sua logica luminosa soccombette alle tenebre dell’ignoranza. Si arrese allo stupido binomio del suo tempo: genio o omosessuale, tertium non datur. Preferì rinunciare alla vita piuttosto che abiurare se stesso. Una sconfitta per la ragione e per l’amore, ma forse una vittoria per la sua dignità.
Oggi Turing è riabilitato e la sua memoria risplende finalmente integra. Ma la ferita inflitta alla logica resta aperta. Perché tanta irrazionalità fu riversata su un uomo che aveva fatto della razionalità la sua divinità? Misteri della mente umana, che neppure la logica più fine potrà mai decifrare fino in fondo.
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