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Una mano che scrive…

Una mano che scrive è un prodigio di ogni giorno. Quando sento il bisogno di silenzio e riflessione, la prima cosa che faccio è spegnere tutto intorno a me. Via il computer, muto il telefono. Poi prendo un foglio bianco, una penna e mi metto seduto al tavolo.
L’atto di scrittura ha un inizio lento, la punta della penna graffia sulla carta, la mia mano procede incerta tracciando parole a fatica, con la lentezza di un pensiero che arranca a prendere forma. È difficile all’inizio, la mente vaga, mi distraggo facilmente. È dura pensare davanti a uno schermo spento, il silenzio mi mette a disagio.
Ma poco a poco entro nel ritmo, mi lascio cullare dal fruscio della penna. Le parole escono, i pensieri fluiscono, la pagina bianca comincia a riempirsi. È come respirare a pieni polmoni, finalmente: mi concedo il lusso di pensare con calma, di limare le idee, cambiare opinione. La matita cancella, la penna riscrive. Mi sento libero, nessuna gabbia, solo la libertà di riempire questo foglio passo dopo passo.
Scrivere a mano è anche lasciare traccia del mio passaggio. È dire “sono stato qui”. È parlare a me stesso e agli altri. Queste parole vergate di mio pugno hanno un’anima che nessun testo digitale possiede. La mia scrittura è unica.
Chissà se arriverà il giorno in cui passerò completamente alla tastiera – mio figlio (altra generazione, altre abitudini) ci riesce. Per ora scrivere a mano è insostituibile – almeno lo è per me. La penna è parte del mio braccio, serve a dare forma concreta ai miei pensieri. È il mio modo di essere nel mondo.
Scrivere a mano è una passeggiata, scrivere al computer una corsa.
Quando scrivo a mano prendo la strada più lunga, mi godo il tragitto passo dopo passo. Le dita scivolano piano sulla carta, ogni lettera tracciata è una piccola conquista. Scrivere a mano è una piacevole fatica. Quando scrivo al computer invece corro, vado di fretta. Le dita tamburellano veloci sulla tastiera, le parole compaiono come d’incanto sullo schermo. È tutto più facile e immediato. Meno fatica ma anche meno piacere. A volte – sia chiaro – corro volentieri, quando ho fretta. Ma quando posso, preferisco camminare.
È magico vedere le parole prendere forma sotto la mia mano. Assisto alla nascita dell’opera, al pensiero che si struttura: ogni pagina è unica e irripetibile. Anche la mia grafia rivela il mio stato d’animo. Se sono nervoso la calligrafia è tremolante, se sono rilassato diventa ampia e distesa.
Quando scrivo di getto è come impastare pane, farina acqua e lievito. Le parole si gonfiano sulla pagina, la mia mano impasta frasi dense che espandono il testo. Aggiungo pensieri finché l’impasto è pronto.
A volte l’ispirazione si esaurisce, le frasi suonano vuote, la mano è stanca. Allora mi fermo, lascio lievitare le idee. Dopo torneranno parole nuove. La pagina sa aspettare.
La mano che scrive è un miracolo di ogni giorno. Finché avrò voglia di pensieri lenti, continuerò a staccare la spina. Prenderò carta e penna e lascerò che la mano dia forma alle parole. È il mio modo di respirare in libertà.

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