La Leica sempre a tracolla, occhio vigile che scruta il mondo. Così Rene Burri ha catturato frammenti di storia, regalandoci scatti indimenticabili. Nato nel 1933 a Zurigo, in Svizzera, fin da giovane ha respirato l’aria di ribellione che aleggiava in quegli anni. La guerra aveva stravolto l’Europa, lasciando macerie e fame. Ma tra quelle rovine nasceva anche la voglia di ricostruire, di guardare al futuro. E il giovane Burri bruciava di curiosità per quel mondo ferito ma pieno di promesse.
Appena ventenne decide di trasferirsi a Parigi. Sono gli anni ruggenti del dopoguerra, la Ville Lumière ribolle di idee, ma anche di miseria. Burri si aggira per le strade con la sua inseparabile Leica, catturando volti e scene di vita quotidiana. Vuole rubare attimi alla frenesia della città che pulsa, regalare dignità alle esistenze ai margini. I suoi primi servizi fotografici raccontano le zone dimenticate di Parigi, gli spazi di nessuno dove sopravvivono gli emarginati. Scatti in bianco e nero che restituiscono lo spirito di un’epoca di cambiamento.
Ben presto Burri si fa notare. La sua curiosità lo porta ad aggirarsi per i quartieri operai, dove coglie gesti e sguardi di una classe lavoratrice che fatica ma non si arrende. Ritrae i minatori che escono dalle viscere della terra, volti segnati dalla polvere nera del carbone ma occhi fieri. Gli operai in fabbrica, mani callose e possenti, espressioni di dignità. Un mondo di fatica e sudore che Burri guarda senza giudizio, restituendocene la bellezza.
Quando i giovani scendono nelle piazze urlando la loro voglia di cambiamento, Burri è lì con loro, in mezzo alla mischia. Immortala i cortei, i sit-in, le manifestazioni operaie. Scatta le barricate, i lacrimogeni, lo scontro con la polizia. Ma soprattutto ritrae i volti dei dimostranti, la loro rabbia e determinazione. Immagini crude che catturano lo spirito di un’epoca.
La fama di Burri cresce e il suo occhio attento comincia a guardare oltre i confini della Francia. Compie numerosi viaggi: Brasile, Cina, Russia, Stati Uniti. La sua curiosità è instancabile, vuole documentare il cambiamento che avverte nell’aria. Si reca nell’Unione Sovietica degli anni ’50, piena di speranze e contraddizioni. Ritrae i kolchoz, fatica e miseria dietro la facciata della propaganda. Immortala i grattacieli ultramoderni e le code per il pane, regalandoci immagini che raccontano la complessità di un’epoca.
Ma Burri non si limita a fotografare gli esclusi, i luoghi ai margini. Il suo obiettivo cattura anche le icone del ‘900, i protagonisti della cultura e dell’arte. Realizza ritratti intimi e intensi, nei quali coglie l’anima dietro lo sguardo. Che Guevara, Picasso, Le Corbusier. Uomini che hanno segnato un’epoca, immortalati con empatia dall’occhio attento di Burri. Ritratti pensosi e intensi, che vanno oltre l’esteriorità.
Con il tempo la sua fama cresce, le sue fotografie vengono esposte nelle gallerie di tutto il mondo. Ma Burri non si adagia, continua i suoi reportage sempre con quella Leica a tracolla. Viaggia instancabile tra America Latina, Medio Oriente, Europa dell’Est. Sembra non conoscere riposo, animato com’è dalla curiosità e dal desiderio di testimoniare il suo tempo.
I suoi scatti in bianco e nero, dalla composizione rigorosa, sono entrati nell’immaginario collettivo. Burri ha raccontato un’epoca di cambiamenti con profonda umanità, regalandoci attimi di rara poesia. Gesti minimi che racchiudono storie universali. Volti segnati dalla fatica e illuminati dalla dignità. Scene di protesta e di lotta. La bellezza del quotidiano rubata al caso.
Rene Burri ci ha insegnato a guardare con occhi nuovi il nostro tempo. Con la sua inseparabile Leica ha fermato il fluire incessante delle cose, regalandoci istanti preziosi. Frammenti di una Storia fatta di individui, non di massa. Il suo sguardo attento e partecipe ci manca, ma le sue immagini continueranno a parlarci ancora a lungo.