Bisogna imparare a distinguere tra il voto e la valutazione, due entità che, pur condividendo la stessa radice di giudizio, sono di natura e di significato differente. Il voto è un simbolo, un numero che rappresenta il risultato di un processo, il prodotto finito di un’azione. È uno strumento di misura che, tuttavia, non contempla l’insieme dei particolari che hanno portato alla sua assegnazione. Un numero, infatti, può essere tanto freddo quanto impietoso, senza saper distinguere tra il vero merito e la semplice conformità.
La valutazione, al contrario, è un esame più profondo, un’indagine che sonda le profondità dell’esperienza. Non si ferma alla superficie, alla semplice misura, ma cerca di capire il percorso, i passaggi, gli sforzi e le difficoltà incontrate. Non si preoccupa soltanto del risultato, ma anche del processo che ha portato a esso. Si preoccupa dell’intero viaggio, non solo dell’arrivo.
Quotidianamente, ci sforziamo di costruire un dialogo che passi attraverso lo sbaglio e l’inciampo, perché essi sono le vere misure del nostro percorso. Sono le difficoltà incontrate, gli errori commessi e le volte in cui ci siamo rialzati a definire chi siamo. Nel linguaggio dell’apprendimento, lo sbaglio non è un marchio di infamia, ma un segno di progresso, un invito alla riflessione e alla comprensione.
L’interesse dovrebbe concentrarsi sul processo, mai sulla misura. Le cifre sono mute, sordide, mancano di vita e colore. Sono solo un’ombra proiettata dal lavoro, dall’impegno e dal cuore che abbiamo messo in quello che facciamo. Dovremmo, quindi, guardare oltre il numero, oltre il voto, per capire realmente il valore di ciò che abbiamo di fronte.
Non è un compito facile, lo riconosco. Richiede impegno, sensibilità e un occhio attento, in grado di vedere oltre le apparenze. Ma è uno sforzo che vale la pena fare, perché al di là del voto, oltre il numero, c’è una storia, una vita, una persona che, con il suo lavoro e il suo impegno, ha cercato di esprimere il meglio di sé.