Ritrovarsi a leggere un libro dimenticato è come riaprire una porta sul passato. Un libro che era stato messo da parte, perso tra gli scaffali, e di cui si era persa memoria. Quando si riapre, le parole e le storie che racchiude tornano alla mente lentamente, come le immagini di una fotografia polaroid che appaiono a poco a poco. E le storie del libro sono storie particolari, perché parlano di abitudini, pensieri e colori ormai desueti; di strumenti che non servono più, ma che un tempo erano indispensabili.
La nostra capacità di adattarci al mondo è strettamente legata alla nostra abilità di cambiare forme, oggetti, materiali e persino colori. Oggi tutto viene sostituito, ma non da qualcosa di identico a ciò che era prima, bensì da qualcosa di nuovo e diverso. Tutto cambia, nulla viene riparato, tutto si trasforma e niente rimane immutato. Il mondo che ci circonda teme il tempo breve e non resiste a quasi nulla. Ciò ci fa dimenticare il tempo lungo, relegando in un angolo anche la memoria tattile e il ricordo: sostituisce i desideri con desideri nuovi e diversi, senza elaborare quelli antichi e più profondi. Ma soprattutto, ci priva della lunghezza dei pensieri.
Oggi ho riaperto quel libro dimenticato, come un’eccezione, come un evento inaspettato, come qualcosa che non stavo cercando. Perché cercare e trovare non sono sinonimi, ma parole distanti tra loro. Trovare ciò che si cerca è un processo logico e fortunato. Trovare ciò che non si cercava è passare da un universo all’altro, attraversando la forza oscura dell’universo stesso.