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…una copia de I fratelli Karamazov

Altroché chemin-de-fer, prese di cocaina, partouzes… Leggere le millesedici pagine de I fratelli Karamazov vuole ben altra vocazione a sperperare il proprio tempo e, dunque, il propio denaro (o quello di chi ci vuole bene) sottraendoci ai rigori della realtà! ben altra ostinazione nell’errore! E si narra di un tredicenne che in tempo di scuola, per leggersi in pace I fratelli Karamazov tutto di fila, si sarebbe applicato con il massimo zelo, nei sospetti tepori del suo letto, a strofinare la punta del termometro, e avrebbe saltato sedici giorni di scuola di fila (si narra nel senso che lo narro io, perché so di certo, perché ero io, il tredicenne). Da allora, mettendo nel conto anche il rischio di imbattersi in parecchie schifezze, quell’io pratica la lettura con perseveranza, con l’abnegazione, con l’inconfessabile voluttà con cui coltiva tutti i suoi vizi. E finché il fatto non sarà perseguibile a termini di legge, egli si passerà lo spregevole lusso di sobillare alla lettura de I fratelli Karamazon a chiunque. E certo meglio di come l’ha letta lui quella prima volta. La traduzione, evidentemente condotta su una traduzione francese, era piuttosto oscena, a tratti incasinata; anche se a quel tempo non ci si attarda su dettagli del genere, ché si era di bocca molto più buona, allora. Ora che ho sottomano una copia de I fratelli Karamazov uscita per i tipi dell’Einaudi a traduzione di Agostino Villa, la voglia di rileggere quel capolavoro è tanta – tant’è che è tra i propositi (quelli buoni) per il prossimo anno. E a chi non l’avesse fatto ancora, non posso che consigliare l’avventura di una lettura così mostruosamente bella. Fidatevi!

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