Ed eccoci qui, chini su questo foglio, a buttar giù qualche leggero desiderio per l’inizio dell’estate. Sì, ricomincia l’estate, e anche chi non la ama forse sbotta: finalmente! Torpida, caldissima come può essere dalle nostre parti, ci spinge fuori, all’aperto, e verso il mare. Il sole sta fermo, dice la parola solstizio, ma ci muoviamo noi — e quest’estate con più scioltezza. Prudenza e imprudenza, ansia e coraggio — l’estate scorsa te la giocavi intorno a questi lemmi. Quella che comincia oggi no: se non spensierata, è una zona di sollievo personale e collettiva, la stagione di felicità, bianca, da zona bianca, come le vesti con cui in queste notti, nell’Europa del Nord, si danza per celebrare quella che i più chiamano mezza. Che comincia sì, ma è già mezza – secondo antichi calendari, come nel poetico sogno di Shakespeare. Notte di fuochi, quelli di San Giovanni, che fertilizzano la terra, di pozzi sacri che hanno poteri taumaturgici, di erba rugiadosa che porta salute. Il falò che contrasta il male che impesta il mondo, che rigenera, mentre svolazzano leggeri fate, elfi e spiriti. È magico il solstizio, taglia a metà l’anno e lo rimette in moto; punto di svolta assai delicato per i fragili equilibri di cristallo che animano il mondo.
La luce stasera, se potete, provate a non farvela scappare – ché anche se il giorno non è, come in certe zone del globo, lungo diciotto ore, sarà più lungo che può. Bisogna trattenerla, fissarla, celebrarla: farla diventare balsamica come quel personaggio di Dostoevskij che ne fa lo spazio dei sogni e di una rivoluzione del cuore. Nell’annuale viaggio che il sole compie sul nostro orizzonte, non è un momento qualunque; quest’anno poi più che mai. Salta il coprifuoco praticamente dappertutto, le mascherine hanno le ore contate. L’insofferenza e la rabbia e la frustrazione e la compressione forzata dei diritti di sempre cercano riscatto nei desideri, nei sogni che pare di cogliere come scintille — le sprizzano gli occhi di giovani e non, in queste sere calde, di vecchie e care abitudini che ritrovi con un senso di meraviglia. Ah, era così vivere?! Era questo?! E allora sì, speriamo, con le parole dello scrittore, in una invincibile estate, o almeno fingiamo di crederle, come accadeva di fare da bambini. C’è da augurarsi un’estate lunga, lunghissima, propizia — come di solito è — all’amicizia, all’amore, alla libertà del corpo, dei corpi (così contratti, appassiti e inariditi). Pensare che l’estate è il volto dell’esistenza vera, senza mascherina, senza maschera: l’accecante bagliore del suo significato — in certe giornate di perfetta trasparenza, in cui “i colori assoluti del mare ci dicono quello che la vita potrebbe e dovrebbe essere”. La sua pienezza, la sua lucente intensità.
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