≡ Menu

Lui, a dire il vero, non sapeva leggerlo, il russo.

3C1AB5A7 11A4 4BE7 AB96 D0A6DB1C8AEF

Una volta Puškin ha scritto una lettera a Rabindranath Tagore. «Caro amico lontano», gli ha scritto, «io non La conosco, e Lei non mi conosce. Sarebbe bello conoscerci. Stia bene. Saša.» Quando è arrivata la lettera, Tagore stava meditando. Una meditazione così profonda, che si tagliava con il coltello. La moglie lo scuoteva, lo scuoteva, gli metteva la lettera sotto il naso, niente da fare, non la vedeva. Lui, a dire il vero, non sapeva leggerlo, il russo. Così non si son conosciuti.

Paolo Nori, da I russi sono matti, Utet

{ 0 comments… add one }

Rispondi