«Ho voluto riportare ancora una volta alla ribalta un certo campionario umano, al quale anche in precedenza mi ero rivolto con interesse e attenzione. È il mondo di tutti i diseredati, dei perseguitati, di coloro che la società calpesta condannandoli a una sorta di morte morale, privandoli anche della loro primitiva innocenza. Sono costoro, appunto, i protagonisti di questa cantata: i drogati, le fanciulle traviate, le vittime della guerra, i condannati a morte, quanti sono caduti nelle panie del male perché non rimaneva loro altra scelta, dopo avere invano atteso dal consorzio umano l’ausilio di un briciolo d’amore. Nelle parole che io metto loro in bocca, essi concludono il loro calvario con una supplica rivolta ai potenti, ai ricchi, a coloro che sulle loro sventure hanno edificato la propria fortuna: abbiate pietà di noi, vostre vittime, affinché “all’ultimo minuto / non vi assalga il rimorso ormai tardivo / per non aver pietà giammai avuto”.»
[Fabrizio de André , Anche le parole sono nomadi]