Nessuno poteva pensare che gli ultimi giorni di una legislatura sepolta e di un governo di affari correnti producessero il soprassalto di una volontà di riforma appena decente della condizione delle galere. Ma tant’è. Oggi, finalmente, in zona Cesarini – come usa dire in questi casi –, il Consiglio dei Ministri si appresta a un ulteriore passo verso il varo definitivo del decreto attuativo delle nuove misure alternative. Ma è bastato che la riforma entrasse nell’ordine del giorno per far inalberare il leghista Matteo Salvini. «Un governo sconfitto e senza la fiducia degli italiani si prepara ad approvare il salvaladri – ha detto sobriamente uno tra i papabili alla presidenza del Consiglio –. Facciamo appello al Presidente della Repubblica affinché eviti questa vergogna. Noi siamo pronti a qualsiasi cosa per impedire a migliaia di delinquenti di uscire di galera». Questo è il clima, questo lo stato delle cose. Leghisti e Cinque Stelle ritengono che la lotta per la legalità abbia bisogno di un inasprimento e non di un allentamento della repressione e della filosofia giustizialista. Tocca rassegnarsi a queste posizioni che s’impastano inevitabilmente con quelle autoritarie. Hanno una grossa maggioranza, questi freschi vincitori.
Ci sono luoghi, celle, scantinati, stive, panchine, dai quali si aspetta il loro regno con l’orecchio al suolo, in silenzio, abbracciati alle proprie gambe piegate al petto. Rannicchiati in un angolo. Senza speranza.
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