Idy Diene aveva 54 anni ed era nato in Senegal nella regione di Thiès. Viveva a Pontedera, in provincia di Pisa. Ogni mattina arrivava in treno a Firenze: di mestiere faceva il venditore ambulante di ombrelli, calzini e accendini. Era arrivato in Italia diciassette anni fa. Un suo amico racconta che “partecipava alle manifestazioni culturali e religiose” e che “frequentava la moschea in centro”. Per tutti era “il saggio”. Un cugino di Diene, Modou Samb, anche lui cittadino senegalese, era stato ucciso il 13 dicembre 2011 a Firenze da Gianluca Casseri, militante di un’organizzazione neofascista italiana. Negli ultimi tempi Diene si era molto avvicinato alla moglie del cugino ucciso, Rokhaya Mbengue, e l’aiutava economicamente. La mattina del 5 marzo, poco prima di mezzogiorno, Diene era sul ponte Amerigo Vespucci, nel centro di Firenze, a due passi dal consolato degli Stati Uniti e dal parco delle Cascine. Roberto Pirrone, un ex tipografo di 65 anni, gli si è avvicinato e gli ha sparato sei o sette colpi di pistola con un’arma semiautomatica. Sul posto sono subito arrivati i soccorsi, ma i tentativi di rianimare Idy Diene sono stati inutili. È morto poco dopo.
Interrogato dalla polizia, Pirrone ha affermato che prima di incontrare Diene stava per sparare a una donna nera con un bambino. La procura di Firenze ha detto che il movente razziale per ora è escluso: Pirrone sarebbe uscito di casa con l’intenzione di suicidarsi, finendo poi per sparare e uccidere a caso. In serata un piccolo corteo di senegalesi ha attraversato il centro della città. Alcuni di loro hanno rovesciato e danneggiato delle fioriere. Il sindaco di Firenze, Dario Nardella, ha scritto su Twitter che è stata una protesta violenta e l’ha condannata.
Ieri l’altro, la comunità senegalese ha ripagato, autotassandosi, le fioriere danneggiate. E per mancia ha lasciato a noi tutti quel briciolo di umanità che abbiamo oramai perso.
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