Il dato più probante e come tale più preoccupante che viene fuori dalla stura di questa nuova storiaccia di corruzione che i giornali hanno battezzato “Mafia Capitale” (*) non tanto risiede nel fatto che si rubi nella cosa pubblica e in quella privata – ché, per quanto odioso che sia, è il dato meno significativo e meno inaspettato fra i tanti –, quanto nel fatto che si rubi senza l’intelligenza del fare e le persone di assoluta mediocrità – a voler tarare le parole sulla tacca dell’indulgenza – si trovino al vertice di pubbliche e private imprese. In queste persone la mediocrità si accompagna a un elemento maniacale, vorrei dire di follia, che nel favore della fortuna non appare se non per qualche innocuo accidente, ma che alle prime difficoltà comincia poi a manifestarsi e a crescere fino a travolgerli – e tutti in coro a gridare il Re è nudo e ce l’ha paurosamente piccolo!
Si può dire di loro quel che D’Annunzio diceva in privato di Marinetti: che sono “una nullità tonante”, cretini fosforescenti: solo che nel contesto in cui vengono ad agire il loro cretinismo appare – e in un certo senso e fino a un certo punto è – estrosa fantasia.
In una società bene ordinata ‘sti quattro peracottàri non sarebbero andati molto al di là della qualifica di impiegatucci, infrattati in qualche archivio a spostar faldoni; in una società competitiva, in trasformazione, e, con gergo abusato, meritocratica sarebbero stati subito emarginati – non resistendo alla competizione con gli intelligenti – o bollati come onnivori parassiti; in una società di merda (e qui tirate da soli le conclusioni del caso) arrivano ai vertici, come mosche su stronzi fumanti, e ci stanno fin tanto che il contesto stesso che li ha prodotti, ripassando, non li seppellisce completamente.
{ 0 comments… add one }