Ogni tanto mi capita di avere la necessità di ricordare dei nomi.
Noti o meno noti che siano, poco importa: sono solo nomi: variabili associate il più delle volte a numeri in una statistica che ne conta troppi; segni legati a date più o meno importanti per la nostra storia; lettere che si stringono a formare un suono a cui una volta si associava un volto, un’azione o (magari) un sentimento. Oggi, ridotti a piccoli cenci bianchi svolazzanti nella memoria, indicano solo il passato, la polvere e forse per molti non indicano più nulla.
Quando il 28 agosto del lontano 1931 gli accademici italiani tutti furono invitati a giurare fedeltà al Regime Fascista, su circa 1200 professori universitari solo 19 (poco più dell’uno per mille, uno-per-mil-le) rifiutarono di firmare quel giuramento che era, prim’ancora che offensivo della libertà personale, lesivo del principio di libertà di pensiero che è alla base dell’idea stessa di insegnamento.
Quei 19 persero tutti il posto, ma non la dignità.
Ecco, sì, son solo nomi. Ma io ogni tanto sto lì a rileggermeli, (anche) ad alta voce ché il suono che mi fanno in bocca mi piace. Mi piace tanto. Come una preghiera laica.
Ernesto Buonaiuti;
Giuseppe Antonio Borgese;
Aldo Capitini;
Mario Carrara;
Antonio De Viti De Marco;
Gaetano De Sanctis;
Floriano Del Secolo;
Giorgio Errera;
Arturo Carlo Jemolo;
Giorgio Levi Della Vida;
Piero Martinetti;
Fabio Luzzatto;
Bartolo Nigrisoli;
Errico Presutti;
Francesco Ruffini;
Edoardo Ruffini Avondo;
Lionello Venturi;
Vito Volterra;
Cesare Goretti;