“Clamoroso”, è questo l’aggettivo più usato per definire il verdetto che, finalmente, mette fine alla complicata vicenda giudiziaria, durata otto anni, per l’omicidio di Meredith. Complicata, dicevo, ché fin da subito si è cercato di provare la colpevolezza degli imputati, mortificandoli all’opinione pubblica, a fronte di una inconsistenza della prove a loro carico.
“Sono immensamente felice che la stessa magistratura che mi ha condannato ingiustamente mi ha restituito oggi la libertà e la dignità”, ha dichiarato Raffaele Sollecito ed è giusto che sia così, visto che il ragazzo e la Kercher si sono visti rubare anni di vita per il solo fatto che il p.m. s’era ostinato a credere non potessero non essere colpevoli. Un castello di carte per tener su prove che a malapena riuscivano a starsene in piedi da sole, zoppe tesi preconcette, inutili ingiurie. Clamoroso semmai è che si siano spese tante energie per sostenere tanto vuoto; per dire, neanche si è riusciti a dimostrare che i due, quella sera, fossero sul luogo del delitto.
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