I vampiri, creature intramontabili dell’immaginario collettivo, si rivelano in fondo come specchi oscuri dell’essere umano, proiezioni delle sue paure, dei suoi desideri più reconditi e della sua eterna lotta con il tempo e la morte. Che cos’è un vampiro se non un simbolo del desiderio di immortalità? Eppure, il prezzo di questa immortalità è terribile: una vita priva di calore, di amore, di luce. Un’eterna condanna a divorare la vitalità altrui per sopravvivere, senza mai trovare appagamento. La loro figura non è forse la metafora ultima dell’alienazione e del narcisismo, eternamente intrappolati in se stessi?
Nosferatu, con la sua estetica ruvida, spigolosa, quasi grottesca, ci restituisce un’immagine del vampiro ancora più inquietante. Il conte Orlok non è un seduttore elegante alla Bela Lugosi, ma una creatura bestiale, un’ombra deformata che invade ogni spazio. La sua vulnerabilità alla luce del sole – un’invenzione del film – sottolinea questa dimensione: la luce, simbolo di verità e redenzione, lo annienta. È il buio che nutre il vampiro, il buio che rappresenta i recessi più nascosti e inconfessabili dell’animo umano.
Forse è proprio questa capacità del vampiro di muoversi tra il visibile e l’invisibile, tra la vita e la morte, tra l’umano e il mostruoso, che ne spiega la perenne attualità. Nosferatu, braccato dalla legge come dal sole, non è che l’immagine della trasgressione: un’opera che non doveva esistere, come il vampiro stesso non dovrebbe esistere. Eppure eccolo lì, sopravvissuto alla censura e alla distruzione, proprio come Orlok sopravvive nutrendosi di ciò che gli è proibito.
Forse, in fin dei conti, siamo noi i veri vampiri, eternamente sospesi tra il desiderio di trascendere la nostra condizione e il timore di perdere ciò che ci rende umani. E così il vampiro, con il suo pallore spettrale e la sua fame insaziabile, ci guarda dallo specchio – quel riflesso che, ironia della sorte, a lui è negato – e ci ricorda la nostra stessa fragilità, la nostra lotta costante contro il tempo, contro l’oblio. Nosferatu, la pellicola che non doveva sopravvivere, è allora la testimonianza del nostro bisogno di affrontare, ancora e ancora, le ombre che portiamo dentro.