Altrove – sostiene Erri De Luca – si vive come in un acquario, ordinati ma insipidi. A Napoli l’artéteca è un padellone di vita vera: caotica, bruciante, piena di sapori. Forse è il mondo moderno che ha dimenticato come si frigge l’esistenza.
Oh, damn! I definitely need to shave and get myself a pair of knee-high socks!
Nel dibattito che periodicamente si accende sul simbolo di Fratelli d’Italia, la fiammella tricolore sembra mantenere il suo paradossale potere evocativo. Luca Ciriani, in un’intervista a Il Foglio, ha ammesso che prima o poi «arriverà il momento di spegnerla». Una dichiarazione che, a ben vedere, non scandalizza, ma anzi coglie una verità quasi banale: quel simbolo, che per una generazione rappresentava identità e appartenenza, oggi è solo un relitto visivo, insignificante per i giovani. Nulla da eccepire sul ragionamento: i tempi cambiano, i simboli pure.
Eppure, nonostante l’innocuo chiarimento di Ciriani, la fiammella continua a bruciare di un fuoco più polemico che simbolico, alimentando l’ossessione di chi vede in essa una nostalgia mai sopita del passato. Il vero problema, però, non è nel simbolo. È altrove, in una realtà ben più concreta e dannosa per la democrazia: il ruolo sempre più ornamentale del Parlamento. Lo stesso Ciriani, quasi di sfuggita, ha osservato come certi ministri trattino le Camere come un jukebox: inserisci la moneta e ottieni ciò che vuoi.
Una metafora brillante, certo, ma fin troppo generosa: non si tratta solo di certi ministri, bensì di un sistema intero. Da anni, ormai, il Parlamento è ridotto a timbrare decreti scritti altrove, nei ministeri o nelle stanze di Palazzo Chigi, come un notaio che convalida decisioni già prese. La separazione dei poteri, colonna portante della democrazia, è stata progressivamente erosa da governi che si sono succeduti con modalità sempre più simili, tanto a destra quanto a sinistra. Il tutto con un copione noto: quando sono al potere, le forze politiche si adattano perfettamente a questa deriva autoritaria, salvo poi riscoprirsi paladine del parlamentarismo non appena tornano all’opposizione.
Il problema non è il simbolo di un partito. La fiammella non è che una distrazione, utile per chi vuole spostare l’attenzione su battaglie di superficie mentre il vero fuoco arde: quello della democrazia ridotta a routine amministrativa, privata del suo slancio vitale. E chissà, magari spegnere la fiammella sarà davvero un atto simbolico. Ma non certo per ragioni storiche. Forse, semplicemente, perché illumina troppo poco rispetto ai roghi più grandi.
“Animali Notturni” (Nocturnal Animals), il secondo lungometraggio di Tom Ford, intreccia magistralmente realtà e finzione, offrendo una profonda riflessione sulla vendetta, il rimpianto e la natura umana. Vincitore del Leone d’Argento alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2016, il film si basa sul romanzo “Tony & Susan” di Austin Wright e presenta una narrazione stratificata che esplora le conseguenze delle scelte personali e l’impatto dell’arte sulla vita.
La trama segue Susan Morrow (Amy Adams), una gallerista di Los Angeles intrappolata in una vita insoddisfacente e in un matrimonio fallimentare. Un giorno, riceve un manoscritto intitolato “Animali Notturni”, scritto dal suo ex marito Edward Sheffield (Jake Gyllenhaal), con cui non ha più contatti da anni. Il romanzo narra la storia di Tony Hastings (interpretato dallo stesso Gyllenhaal), un uomo la cui moglie e figlia vengono brutalmente uccise durante un viaggio in Texas. Mentre Susan legge il manoscritto, la narrazione si sviluppa su tre piani temporali: la sua vita presente, la trama del romanzo e i flashback del suo passato con Edward.
La struttura narrativa del film è complessa e richiede una visione attenta per cogliere le sfumature e le connessioni tra i vari livelli. La storia nel romanzo funge da metafora della relazione tra Susan ed Edward, evidenziando temi di vendetta e rimpianto. La violenza e la brutalità presenti nel manoscritto riflettono il dolore emotivo causato dalla fine del loro matrimonio e le scelte che hanno portato alla loro separazione.
Tom Ford utilizza una regia elegante e una fotografia raffinata per creare un’atmosfera tesa e inquietante. Le performance degli attori sono notevoli: Amy Adams offre una rappresentazione sfumata di una donna tormentata dai rimpianti, mentre Jake Gyllenhaal interpreta con intensità sia Edward che Tony, mostrando la dualità dei personaggi. Michael Shannon, nel ruolo del detective Bobby Andes, aggiunge profondità alla narrazione con la sua interpretazione di un uomo determinato a ottenere giustizia.
Il finale del film è ambiguo e aperto a diverse interpretazioni. La decisione di Edward di non presentarsi all’incontro con Susan può essere vista come un atto di vendetta emotiva o come un segno della sua crescita personale e della sua capacità di andare avanti. Per Susan, questo rifiuto rappresenta una dolorosa presa di coscienza delle conseguenze delle sue scelte passate e della superficialità della sua vita attuale.
“Animali Notturni” è un film che invita lo spettatore a riflettere sulle proprie scelte e sulle loro ripercussioni. Attraverso una narrazione intricata e una messa in scena visivamente affascinante, Tom Ford esplora temi universali come l’amore, la perdita, la vendetta e il rimpianto, offrendo un’esperienza cinematografica intensa e provocatoria.
Il film It del 2017, tratto dal celebre romanzo di Stephen King, non è solo un horror. È una finestra sull’oscurità che ogni individuo cela dentro di sé, una rappresentazione vivida e pulsante delle paure che ci inseguono e ci avvolgono come una nebbia impalpabile ma tenace. Qui, a Derry, una cittadina dove il male sembra essersi annidato tra le fondamenta delle case e nei boschi che la circondano, i protagonisti non sono semplicemente dei ragazzini in lotta contro un mostro. Sono anime in crescita, vite che cercano di sfuggire all’ombra che si protende su di loro, scoprendo una verità intima e universale: per poter vivere davvero, bisogna affrontare ciò che ci spaventa.
È un flusso costante di emozioni quello che ci travolge scena dopo scena. La paura che Pennywise, l’agghiacciante clown, incarna e alimenta non è solo il terrore del mostro; è una paura più profonda, quasi esistenziale, che rispecchia gli incubi più intimi di ciascun ragazzo. Ogni membro del “Club dei Perdenti” è in fuga da un mostro diverso: c’è chi teme il bullismo, chi lotta contro l’abbandono e la solitudine, chi contro la propria vulnerabilità fisica o la fragilità del corpo. Ma Pennywise sa, lui fiuta questa paura, la esalta, la amplifica fino a farla diventare un mostro tangibile.
La forza del film risiede nella rappresentazione di questi giovani protagonisti come veri e propri guerrieri dell’anima. Attraverso un crescendo di scene intense e claustrofobiche, emerge una lezione senza tempo: la paura, quel nodo oscuro che ci paralizza e ci rende fragili, può essere sconfitta. Ma per farlo, è necessario riconoscerla, accettarla, e infine combatterla. Si tratta di una sfida emotiva e psicologica che il regista Andrés Muschietti ha saputo rappresentare con maestria, creando un’opera che va oltre l’horror. È un racconto di crescita, di formazione.
Ogni inquadratura sembra voler penetrare nelle viscere della psiche dei personaggi, svelando quei dettagli che rendono ognuno di loro tanto reale quanto disperatamente vulnerabile. C’è un momento, quasi impercettibile, in cui ognuno dei ragazzi trova il coraggio di affrontare ciò che più teme. È come un’esplosione interiore che attraversa lo schermo, una corrente sotterranea di forza che li unisce e li trascina verso l’inevitabile resa dei conti con il loro peggiore incubo. In quel momento, It smette di essere solo una lotta tra bene e male, ma diventa un viaggio di auto-scoperta, una catarsi che parla a ciascuno di noi.
Il messaggio finale è potente e penetrante: per quanto oscure e mostruose siano le nostre paure, esse possono essere affrontate e vinte. Pennywise è il simbolo dell’ignoto che ci terrorizza, di quei limiti che ci imponiamo e che ci impediscono di crescere e di realizzare il nostro potenziale. Ma i ragazzi di Derry, con la loro fragile determinazione e il loro coraggio inesperto, ci ricordano che abbiamo dentro di noi la forza per superare anche ciò che sembra invincibile. E quando i titoli di coda scorrono, resta un senso di liberazione, un respiro di sollievo. Non abbiamo solo assistito alla fine di una battaglia, ma abbiamo rivissuto, attraverso i loro occhi, la vittoria che ogni persona può ottenere contro i propri demoni.
It non è soltanto un film; è una parabola sulla forza dell’amicizia, del coraggio e della resilienza, un invito a non voltarsi di fronte alla paura, ma a guardarla dritto negli occhi, consapevoli che solo affrontandola potremo scoprire chi siamo davvero.
I don’t know what they say about me, and honestly, I don’t need to know. I’m just… here, being who I am, doing what I do. Not looking for approval, not setting up expectations—just letting things unfold. It feels lighter that way, like there’s less weight to carry. No use in getting tangled up in endless arguments or trying to justify myself.
Lately, I’m realizing… not everything deserves my reaction. I don’t have to fight back just because something stings; maybe the strongest response is simply letting it drift past me. Walking away can be its own kind of answer, a quiet kind of strength. I’m learning that all the energy I pour into arguing, proving points, or getting upset—it’s energy I lose, energy I could spend on things that actually mean something to me.
I won’t ever be someone everyone likes, and that’s alright. Silence can say what words can’t, and sometimes, it says even more. Responding to provocation? It’s just handing someone else the keys to my peace. I can’t stop what others do, but I can choose what I do with it.
And that’s it, really. Choosing my peace, my focus. Letting go of the need to be right, or liked, or even understood. Because what I need — truly need — is to just be steady in my own calm.
La fotografia è per me un linguaggio dell’anima, un modo per catturare non solo ciò che vedo, ma anche ciò che sento e immagino. Non cerco la perfezione tecnica, ma l’emozione genuina di un momento irripetibile e la spontaneità delle persone. Ogni scatto è un frammento di vita, un ricordo prezioso che porto con me e condivido con gli altri. Attraverso l’obiettivo, esprimo i miei sentimenti più profondi, le mie idee, i miei sogni. La fotografia è un ponte tra il mio mondo interiore e quello esterno, un mezzo per comunicare senza parole, per toccare il cuore di chi guarda.
Il mondo della visualizzazione scientifica offre numerosi strumenti per comprendere meglio fenomeni matematici complessi. Uno degli esempi più affascinanti di questa intersezione tra matematica e grafica è la creazione di tracciati parametrici attraverso l’uso di curve polari. Il codice che presentiamo qui è un ottimo esempio di come visualizzare in modo dinamico equazioni trigonometriche complesse, in particolare le spirali sinnusoidali. Esso combina calcoli matematici, tecniche di programmazione avanzata e grafica per fornire una rappresentazione visiva del comportamento delle funzioni coseno parametrizzate. Ma andiamo con ordine, esplorando l’idea alla base, l’utilità didattica e l’implementazione di questo codice.
L’idea di fondo di questo codice è piuttosto semplice, ma estremamente potente: si vuole rappresentare una funzione trigonometricamente parametrizzata nella forma ( \(r = \sin\left(\frac{n}{m} \theta\right)\) ), dove ( n ) e ( m ) sono parametri interi che definiscono rispettivamente il numeratore e il denominatore del rapporto tra la frequenza angolare e l’angolo polare (\( \theta \) ). Questi parametri determinano la complessità delle spirali tracciate e il numero di rotazioni complete all’interno di ciascun grafico. Per ciascuna combinazione di ( n ) e ( m ), il grafico polare genera un’orbita trigonometricamente regolare che si evolve seguendo il parametro ( \(\theta\) ) da ( 0 ) a ( \(2\pi \times k\) ), con ( k ) definito come ( \(k = (m + 1) \cdot \text{gcd}(m+1, n+1)\) ), dove ( \(\text{gcd}\) ) è il massimo comune divisore. Questa funzione guida il tracciato di ciascun grafico nel sistema polare, creando un pattern di curve regolari ma variamente intricate, dipendenti dai valori di ( n ) e ( m ).
k = (m + 1) * math.gcd(m + 1, n + 1) # Numero di giri proporzionale al gcd tra m e n
theta = np.linspace(0., 2 * np.pi * k, n_points) # Valori angolari theta distribuiti su k cicli
r = np.sin((n + 1) / (m + 1) * theta) # Funzione cosinusoidale parametrizzata
Da un punto di vista didattico, questo codice è un eccellente strumento per esplorare diversi concetti di matematica avanzata. La visualizzazione grafica delle funzioni cosinusoidali consente di comprendere meglio il comportamento delle equazioni trigonometriche, in particolare il modo in cui la variazione dei parametri ( n ) e ( m ) influenza il grafico polare. In ambito educativo, questo tipo di visualizzazione è utilissimo per spiegare concetti come la periodicità, le armoniche e le orbite chiuse in geometria polare. Studenti di matematica e fisica possono utilizzare questi strumenti per capire come le funzioni trigonometriche si comportano sotto diverse parametrizzazioni, e possono sperimentare in tempo reale come la scelta di determinati parametri modifichi i tracciati grafici.
axs[n, m].plot(theta, r, color="#383b3e", linewidth=0.5) # Tracciato della curva su un piano polare
axs[n, m].set_rlim([-1.1, 1.1]) # Imposta i limiti di raggio per uniformità visiva
L’implementazione del codice è interamente realizzata in Python, sfruttando le librerie numpy
e matplotlib
, due strumenti fondamentali per la comunità scientifica. Numpy
fornisce un’efficiente manipolazione degli array numerici e consente di generare i valori di ( \theta ) in modo semplice e scalabile. La libreria matplotlib
, invece, permette la creazione di grafici sofisticati in modo rapido e versatile, grazie alla sua capacità di gestire grafici polari e personalizzare ogni aspetto della visualizzazione. Il cuore del codice risiede nel ciclo che attraversa ciascuna combinazione di ( n ) e ( m ), generando una curva polare per ogni subplot della griglia. Ogni curva è definita da una particolare funzione coseno che dipende dal rapporto tra ( n ) e ( m ), il che introduce una varietà di forme grafiche eleganti che si arricchiscono man mano che si esplorano valori più alti di ( n ) e ( m ).
N = 20 # Numero di righe
M = 20 # Numero di colonne
fig, axs = plt.subplots(N, M, figsize=(10, 10), subplot_kw={'projection': 'polar'}) # Griglia di grafici polari
Oltre alla bellezza visiva e all’utilità didattica, il codice mostra anche l’importanza dell’ottimizzazione nella programmazione scientifica. Invece di calcolare manualmente ciascun valore di ( r ) e ( \theta ) per ogni grafico, il codice utilizza la funzione gcd
per garantire che il numero di giri completi della spirale sia proporzionato, evitando calcoli ridondanti e massimizzando l’efficienza computazionale. Inoltre, la personalizzazione dei plot in termini di colori, linee e layout grafico, oltre all’eliminazione dei tick sui bordi degli assi, rende i risultati finali più chiari e facilmente interpretabili.
axs[n, m].tick_params(bottom=False, top=False, left=False, right=False, labelbottom=False, labeltop=False, labelleft=False, labelright=False) # Rimozione dei tick per semplificare la visualizzazione
axs[n, m].set_facecolor("#f4f0e8") # Colore di sfondo dei grafici
In questo modo, non solo il codice risulta un potente strumento didattico, ma permette anche di visualizzare in maniera esteticamente affascinante il comportamento di funzioni trigonometriche complesse.